Domanda:
Cosa si intende essattamente per... Dominio?
Kya
2008-03-31 11:17:14 UTC
Salve.... sto facendo una ricerca sul furetto(scienze) nella classificazione animale mi viene chiesto il dominio... ora mi chiedo... cosa dovrei mettere? non trovo niente sul dominio del furetto, non sono neanche sicura di sapere cosa voglia dire essattamente... spiegazione più chiara please?(ovviamente sul dominio, così almeno so cosa cercare esattamente...) grazie dell'attenzione!^^
Sei risposte:
ѕυиѕнιиє
2008-04-02 13:55:09 UTC
eeeeeeeeh....ma perchè e persne che han scritto castronerie non di limitano solo a pensarle?

un dominio è un super taxa, ce ne sono 3:

1)Archaea: vi appartengono i batteri estremi antichi (termofili, alofili etc)

2)Eubacterya; vi appartengono in nuovi batteri (i restanti dell'ex- regno Monera)

3)Eucarya: i 4 regni rimanenti (Protista, Fungi, Plantae, Animalia)

quindi, il furetto ha questa tassonomia:

dominio Eucarya

regno Animalia

phylum Chordata

subphylum Craniata (ex Vertebrata)

classe Mammalia

ordine Carnivora

famiglia Mustelidae

genere Mustela

specie...dipende dalla variabilità specifica...non so se ne esista più di uno o meno mi spiace!
Eleonora
2008-04-03 21:14:16 UTC
Poche settimane fa, a lezione di Botanica la prof. ci ha detto questo: il dominio (anzi i domini) sono categorie che dividono i viventi in base alle caratteristiche comuni del DNA e sono 3:

-Archea

-Eukarya (Eucarioti)

-Bacteria



I Procarioti fanno parte degli Archea e Bacteria..

Quindi il furetto fa parte del dominio Eukarya.
kira
2008-04-03 10:31:13 UTC
sa sa sa
rondone
2008-04-01 13:07:14 UTC
Guarda qui, potrebbe esserti utile: http://it.wikipedia.org/wiki/Dominio_%28biologia%29

nel tuo caso, attualmente dovrebbe essere

Dominio: Eukaryota,

Regno: animalia

Phylum: Chordata

Classe: Mammalia

Ordine: Carnivora

Famiglia: Mustelidae

Genere: Mustela

Specie: M. putorius

Sottospecie: M. p. furo
doh_1984
2008-03-31 18:36:46 UTC
Penso che, così come in matematica il dominio definisca lo spazio in cui una funzione possa "spaziare", lo spazio in una classificazione animale potrebbe essere l'habitat (con condizioni di temperatura, umidità ecc ecc) in cui un animale si trovi e possa vivere....



Spero di averci dato :)



ciao ciao.. ^_^
Luca.number.one
2008-03-31 18:36:09 UTC
Il cioccolato è un alimento derivato dai semi della pianta del cacao (Theobroma cacao L.) diffuso e ampiamente consumato nel mondo intero. È preparato a partire dal burro di cacao (la parte grassa dei semi di cacao) con aggiunta di polvere di semi di cacao, zucchero e altri ingredienti facoltativi, quali il latte, le mandorle, le nocciole o altri aromi.

Il cioccolato viene prodotto nelle forme più svariate; la più comune è la tavoletta, ma, sia industrialmente che artigianalmente, il cioccolato viene modellato in forme diverse, specie in occasione di ricorrenze o festività. Oltre a ciò, il cioccolato è anche un ingrediente di svariati dolciumi: gelati, torte, biscotti, budini e altro. La cioccolata è invece una bevanda liquida a base di polvere di semi di cacao.



Matrice storico-linguistica

L'origine linguistica delle parole cacao e cioccolato

La pianta Theobroma Cacao (nome scientifico del cacao) fu classificata da Linneo, considerando il nome che aveva e l'uso che se ne faceva presso le civiltà che la utilizzavano all'epoca: cacao cibo degli dei. Il cacao, nella lingua della famiglia mixe-zoqueana che parlavano gli olmechi attorno al 1000 a.C., si pronunciava kakawa. In epoche successive i maya, più precisamente nel corso del loro periodo classico (fra il III secolo ed il X secolo), iniziano a chiamare il theobroma "kakaw". In quel tempo si cominciavano a miscelare alla bevanda aromi di varia natura, ad esempio il cili, e essa assumeva il nome di "ik-al-kakaw". A questo punto occorre introdurre alcuni elementi di fonetica. Nella lingua nahuatl che parlavano allora i maya, la desinenza "tl" si pronunciava "te" e "ch" aveva un suono di "c" dolce. L'accento tonico cadeva sempre sulla penultima sillaba. I maya amavano la bevanda di cacao preparata con acqua calda. Acqua si diceva haa, e caldo si diceva chacau. La bevanda di cacao assumeva il semplice nome di chacauhaa. Sinonimo di chacau era chocol, da cui deriva chocolhaa, sicuramente il primo nome che si avvicina allo spagnolo chocolate. Facendo un ulteriore salto, arriviamo alla conquista spagnola della seconda metà del XVI secolo dove si consumava una bevanda per metà di cacao ("cacahuatl") e per metà di "pochotl" che prendeva il nome di "chocolatl" ('chocol' di radice maya che significa caldo e 'atl' di radice azteca che significa acqua, pronuncia ciocolate). In ogni caso, perché gli spagnoli per indicare le bevande a base di cacao non accolsero "cacahuate", ma preferirono adottare "chocolatl"? Questo fatto dipenderebbe da quel fenomeno per cui le parole di una certa lingua possono avere suono e significato inaccettabile in altre. Il termine «caca», in spagnolo è un'espressione volgare, connessa con le feci e non poteva essere tollerabile un suono del genere per indicare una bevanda consumata prevalentemente dall'aristocrazia e dalla nobiltà reale, soprattutto se riferita ad una bevanda densa, marrone scuro e originariamente amara!

Una seconda teoria fa derivare la parola dal dio Azteco Quetzalcoàtl, che secondo la leggenda donò ai mortali il seme del cacao per farne una bevanda amara, energetica e afrodisiaca. Secondo tale teoria da qui deriverebbe il nome del seme cacahuatl e poi anche di chocolatl.

Una ulteriore teoria, che sembra la meno credibile, parte dall'etimologia proposta da Thomas Gage (peraltro molto utilizzata in campo gastronomico), in cui oltre al termine nahuatl atl si aggiunge choco, onomatopeico che indicherebbe il suono prodotto dal (molinillo) che agita la mistura durante la preparazione. Contrariamente a quanto si pensa, poi, il termine molinillo non sarebbe il diminutivo dello spagnolo molino (mulino), che effettivamente ha poco a che fare con il movimento che occorre per preparare il cioccolato, ma dal verbo nahuatl molinìa, che significa muovere, sbattere ed agitare, da cui deriva anche il sostantivo moliniani, che indica ciò che è si muove o che si agita.

La storia del cacao e del cioccolato

La pianta del cacao ha origini antichissime e, secondo precise ricerche botaniche si presume che fosse presente più di 6000 anni fa nel Rio delle Amazzoni e nell'Orinoco. I primi agricoltori che iniziarono la coltivazione della pianta del cacao furono i Maya solo intorno al 1000 a.C.

Le terre che si estendono fra la penisola dello Yucatàn, il Chiapas e la costa pacifica del Guatemala furono quindi le prime a vedere l'inizio della storia del cacao, e insieme ad esso del cioccolato. La leggenda dice che la coltura del cacao fu sviluppata dal terzo re Maya: Hunahpu. Un'altra leggenda, questa volta azteca, dice che in tempi remoti una principessa fu lasciata, dal suo sposo partito in guerra, a guardia di un immenso tesoro; quando arrivarono i nemici la principessa si rifiutò di rivelare il nascondiglio di tale tesoro e fu per questo uccisa; dal suo sangue nacque la pianta del cacao, i cui semi sono così amari come la sofferenza, ma allo stesso tempo forti ed eccitanti come le virtù di quella.

Tornando alla storia, successivamente ai Maya anche gli aztechi iniziarono la coltura del cacao, e in seguito la produzione di cioccolata; associavano il cioccolato a Xochiquetzal, la dea della fertilità. Con valore mistico e religioso, il cacao veniva consumato dall'élite durante le cerimonie importanti, offerto insieme all'incenso come sacrificio alle divinità e a volte mischiato al sangue degli stessi sacerdoti. A conferma di ciò, sono stati trovati diversi esempi di raffigurazione della pianta del cacao su alcuni vasi e codici miniati Maya. Oltre ad un impiego liturgico e cerimoniale, nelle Americhe il cioccolato veniva consumato come bevanda, chiamata xocoatl, spesso aromatizzata con vaniglia, peperoncino e pepe. Tale bevanda era ottenuta a caldo o a freddo con l'aggiunta di acqua e eventuali altri componenti addensanti o nutrienti, quali farine e minerali. Altri modi di preparazione combinavano il cioccolato con la farina di mais ed il miele. La sua caratteristica principale era la schiuma, che veniva anticamente ottenuta mediante travasi ripetuti dall'alto da un recipiente ad un altro. Con la Conquista spagnola, si impone l'uso del molinillo, che ruotato velocemente avanti e indietro tra le mani consentiva di ottenere in tempi più brevi la densa schiuma tanto amata dai consumatori della bevanda. Una scatola di cioccolatini per San ValentinoNon si può non notare, per inciso, la singolare coincidenza del procedimento di preparazione della bevanda di cacao e acqua per travaso, con l'uso africano di preparare il tè (tre cicli successivi di preparazione, ciascuno dei quali si ottiene per bollitura delle foglie di tè, travasi ripetuti dall'alto fino al montare della schiuma -peraltro ovviamente meno consistente di quella del cacao- e consumo). Il xocoatl aveva l'effetto di alleviare la sensazione di fatica, effetto probabilmente dovuto alla teobromina in esso contenuta. Esso era un articolo di lusso in tutta l'America centrale pre-colombiana; i semi di cacao erano usati come moneta di scambio, di conto e anche come unità di misura: nel tesoro dell'imperatore Motecuhzoma (più noto con il nome storpiato di Montezuma) se ne poterono trovare quasi un miliardo. Si dice che quello del xocoatl fosse un gusto squisito. José de Acosta, un missionario gesuita spagnolo che visse in Perù e poi in Messico nel tardo XVI secolo scrisse: Disgustoso per coloro che non lo conoscono, con una schiuma o pellicola in superficie che è molto sgradevole al gusto. Tuttavia è una bevanda molto apprezzata dagli indiani, che la usano per onorare i nobili che attraversano il loro paese. Gli spagnoli, sia uomini che donne, che si sono abituati al paese sono molto golosi di questo Chocolaté. Dicono di prepararne diversi tipi, caldi, freddi, tiepidi, e di aggiungervi molto chili; ne fanno inoltre una pasta che dicono essere buona per lo stomaco e contro il catarro. Cioccolato artistico nel negozio di Pierre Marcolini, BruxellesSolo nel 1502 avvenne il contatto del cacao con la civiltà europea: Cristoforo Colombo durante il suo quarto e ultimo viaggio in America sbarca in Honduras dove ha l'occasione di assaggiare una bevanda a base di cacao; al ritorno, portò con sé alcuni semi di cacao da mostrare a Ferdinando ed Isabella di Spagna, ma non diede alcuna importanza alla scoperta, probabilmente non particolarmente colpito dal gusto amaro della bevanda. Solo con Hernando de Soto (Hernàn Cortéz) si ha l'introduzione del cacao in Europa in maniera più diffusa, era il 1519. Egli arriva nel Nuovo Mondo proveniente dalla Spagna e la popolazione locale lo scambia per il Dio Quetzalcoàtl, che secondo la leggenda sarebbe dovuto tornare proprio in quell'anno. L'imperatore Montezuma, allora, lo accoglie a braccia aperte e gli offre un'intera piantagione di cacao coi relativi proventi. Il primo carico documentato di cioccolato verso l'Europa a scopo commerciale viaggiò su una nave da Veracruz a Siviglia nel 1585 (a Siviglia aveva sede il Reale Consiglio delle Indie, attraverso cui la corona spagnola controllava tutti i traffici commerciali, l'amministrazione, gli aspetti militari e religiosi delle proprie colonie d'oltre oceano. Tutti movimenti materiali avvenivano attraverso il porto di Cadice). Il cioccolato veniva sempre servito come bevanda, ma gli europei, e in particolar modo gli ordini monastici spagnoli, depositari di una lunga tradizione di miscele e infusi, ci aggiunsero la vaniglia e lo zucchero per correggerne la naturale amarezza e tolsero il pepe e il peperoncino. Per tutto il '500 il cioccolato rimane un'esclusiva della Spagna, che ne incrementa le coltivazioni.

Solo nel '600, attraverso la Toscana, il cacao arriva in Italia per merito del commerciante di Firenze Antonio Carlett


Questo contenuto è stato originariamente pubblicato su Y! Answers, un sito di domande e risposte chiuso nel 2021.
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